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Disinstalla WhatsApp e mangia tranquillo
Ho detto no a WhatsApp. Anzi, non gli ho mai detto di sì, per non essere il bersaglio dei capricci degli altri a cui offrirsi spontaneamente.
In principio era la TV
La cosa più importante è la casa. Possiamo trascorrere un'intera giornata all'aperto, ma per il riposo abbiamo tutti bisogno di un ambiente protetto e sicuro dove passare la notte. Non abitiamo più nelle grotte come i cavernicoli: oggi, le nostre case sono costruite con mura solide, un portone per entrare e uscire, alcune finestre per guardare fuori e far entrare la luce e aria pulita ecc. Poi, in tutte le case da circa 50 anni c'è almeno un televisore.
Del televisore si dice sia una finestra sul mondo, perché sullo schermo in vetro si alternano vedute, voci e rumori trasmessi da ogni angolo della Terra (e anche dello Spazio), purché sia raggiunto da una telecamera. Proprio come una finestra, il televisore è un'apertura ricavata sulle mura di casa dalla quale - se accesa - entrano immagini, voci e rumori.
La casa è associata alla famiglia. Da quando in ogni casa c'è un televisore acceso, l'intimità della famiglia è disturbata dal telegiornale, dal film, dalla serie, dal talk-show ecc. Per seguire il monologo televisivo, la famiglia deve stare in silenzio: al primo cenno di voce si viene malamente zittiti.
Quando ero bambino, negli anni Ottanta, a scuola si parlava molto di come la televisione fosse una minaccia al dialogo familiare. A noi bambini dicevano di non fare i compiti con la TV accesa e di non guardarne troppa perché la TV faceva diventare la testa quadrata, proprio come un televisore.
Gianni Rodari in "Avventura davanti al televisore" racconta la storia capitata una sera al dottor Verucci, quando rientrato a casa dopo una giornataccia si vuole godere un po' di pace e accende la TV. Però, invece di trovare pace, la TV entra con prepotenza nel suo salotto: anzi, i personaggi della TV entrano fisicamente a casa sua e non se ne vogliono andare. Rodari propone addirittura tre finali alla storia del dottor Verucci. Nel primo finale, intervengono i carabinieri e portano tutti dentro, in virtù del diritto alla privacy, almeno in casa propria. Nel secondo finale, il dottor Verucci riporta la situazione alla calma spegnendo la TV:
Basta chiudere il televisore e il mondo è costretto a scomparire, a restare fuori dalla finestra, a lasciarti solo e tranquillo.
Nel terzo finale, invece, Rodari propone la morale della storia e spiega che
non basta chiudere la porta di casa per chiudere fuori tutto il mondo, la gente, i suoi dolori, i suoi problemi.
perché, aggiunge Rodari, si sa che
nessuno può veramente godere le gioie della vita quando sa - e basta un televisore acceso a farglielo sapere - che c'è chi piange, soffre e muore, vicino o lontano, ma sempre su questa Terra, che è una sola per tutti, la nostra casa comune.
Il terzo finale è, forse, il più drammatico perché ci pone in una perenne condizione di consapevolezza del dolore degli altri e innesta in noi, che guardiamo inermi il dolore degli altri, il senso di colpa per le sofferenze del mondo intero. Naturalmente, nessuno vuole vivere con le ansie di un mondo in via di distruzione e, infatti, si è notato come la continua esposizione a immagini e notizie di dolore, violenza, distruzione e morte genera assuefazione e indifferenza al dolore degli altri.
Il primo finale, con l'arrivo dei carabinieri e la calma ristabilita, è forse il residuo di una visione dei mali della modernità curabili solo grazie all'opera di una élite che sa distinguere il bene dal male e che opera con la forza pubblica.
Il secondo finale (spegnere la TV) è, secondo me, il migliore. Ogni tanto, tutti noi sentiamo il bisogno di liberare lo spazio mentale da tutto ciò che gli altri ci mettono dentro.
Disturbare all'ora dei pasti
Negli annunci si leggeva spesso la dicitura telefonare ore pasti. Senza il telefonino da tenere in tasca, chi era fuori casa per lavoro poteva rispondere al telefono solo nella pausa pranzo (se era fortunato e poteva tornare a casa per pranzo) o la sera a cena. Tutti ricorderete quella barzelletta in cui a un annuncio del tutto improbabile, a quel telefonare ore pasti seguiva la risposta mangia tranquillo!
Cosa è peggiore di essere disturbati durante i pasti? Cosa c'è di più imbarazzante di capitare in casa d'altri e trovarli a tavola seduti a mangiare? Quanto danno fastidio le telefonate dei call center proprio all'ora di pranzo?
Riposarsi e mangiare sono bisogni fisici e anche mentali. Se è vero che gli amici si vedono nel momento del bisogno, direi - in senso lato - che anche i seccatori si vedono quando siamo disturbati nel momento dei nostri bisogni.
Anarchia dei servizi di messaggistica istantanea
Io sono un felice non utente di WhatsApp. Ho un telefonino, ma mi rifiuto di installare applicazioni per la messaggistica istantanea. È vero che con una telefonata o un SMS sono sempre raggiungibile, però la telefonata e il messaggino sono onerosi, mentre l'applicazione offre il servizio gratuitamente e illimitatamente.
Per me la libertà è chiudere la porta di casa e lasciare tutti fuori o spegnere la TV, come nella storia di Rodari. Invece, per molti la libertà è essere raggiungibili ovunque: col telefonino, che è più comodo di un computer e si può tenere in tasca, siamo il bersaglio dei capricci degli altri che non devono neanche far la fatica di prendere la mira per colpirci perché ci offriamo al centro del loro mirino.
Come scriveva Marshall McLuhan a proposito del telegrafo in "Gli strumenti del comunicare" negli anni Sessanta:
È per il fatto stesso che permettono un'azione reciproca che i media elettrici ci costringono oggi a reagire al mondo nella sua totalità. [...] La simultaneità della comunicazione elettrica, tipica anche del nostro sistema nervoso, rende ognuno di noi presente e accessibile a ogni altra persona esistente al mondo.
Capite che non c'è libertà se ci sono catene e le catene sono oggi invisibili perché la tecnologia è wireless.
Allora sembra di vedere realizzarsi il proclama la libertà è schiavitù profetizzato da George Orwell in "1984", quando immaginava un mondo controllato dal Grande fratello attraverso lo schermo della televisione, il Ministero della Verità e la psicopolizia.
Così la famiglia non è più famiglia
In questo modo, in casa oltre alla famiglia è come se ci fossero i tanti volti della TV e tutti i contatti della rubrica telefonica, perché chiunque di loro ha il permesso di entrare nell'intimità di casa nostra e disturbare anche all'ora di pranzo. Non si sentono loro in imbarazzo per aver interrotto il nostro pasto, ma siamo noi a doverci sentire in colpa per aver cercato di riservare un po' di tempo per noi stessi invece di continuare a partecipare al gran casino di questo mondo.
Se la famiglia è il mattoncino della società, allora indebolire la famiglia vuol dire compromettere la stabilità delle società. Se chiunque tramite la tecnologia può avere accesso in casa nostra e occupare il nostro spazio mentale, allora la casa non è più il nostro inviolabile luogo protetto e sicuro, ma finisce per diventare solo uno spazio chiuso e a malapena appartato.
Il mio consiglio
Io ho detto no a WhatsApp. Anzi, non ho mai detto di sì a WhatsApp.
Vi vedo come siete schiavi della libertà di andare in giro dove volete ma sempre a un tiro di schioppo dal capriccio di chiunque vi abbia in rubrica.
Non c'è solo WhatsApp, ci sono anche altre applicazioni simili.
Il mio consiglio è di disinstallare WhatsApp e di mangiare tranquilli.
Per l'immagine, fonte: @rromeros, morguefile.com
About me
Antonio Picco, blog on-line dal 2003.
Osservatore intransigente della società, critico dell'evoluzione digitale e del suo impatto sulle nostre vite.
Nel mio blog condivido riflessioni inedite sull'evoluzione del digitale e il suo impatto sulla società, con l'obiettivo di scardinare i diktat del pensiero stampato.
Le parole sono di tutti e le opinioni si condividono.
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