Le parole sono di tutti e le opinioni si condividono
antoniopicco.it
nell'ordine delle cose
Sei qui: Home > La pessima pubblicità di Conad: una rappresentazione della Natività tra gli scaffali
La pessima pubblicità di Conad: una rappresentazione della Natività tra gli scaffali
La pubblicità di Conad è una rappresentazione della natività: il Bambino nasce dentro il supermercato, non per necessità ma per il capriccio dei genitori.
Una storia fatta di persone oltre le cose
In quei giorni, un decreto ordinò l'apertura dei supermercati anche nel giorno di Natale. Anche un giovane uomo si recava al supermercato con la giovane moglie, che era incinta, e il loro bambino sistemato sul carrello.
Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce suo figlio, lo avvolse in fasce e lo depose su un carrello della spesa.
C'erano in quel supermercato altri clienti che facevano la loro spesa. Il direttore del punto vendita controllava tutti e invocava al microfono l'intervento del medico, che sapeva essere lì.
I clienti furono presi da grande spavento e i primi vagiti del nuovo nato annunciavano con grande gioia che da quel momento ci sarebbe stato un cliente in più.
La storia fatta di persone oltre le cose narrata da Conad è un adattamento della Natività scritta nel Vangelo. Basta sostituire le parole giuste: il decreto non era per il censimento, ma per l'apertura nei supermercati anche nei giorni festivi; Giuseppe e Maria non si trovavano in giro per la necessità del censimento, ma per il capriccio di comprare anche nei giorni festivi; il Bambino non nasceva in una stalla (o in una grotta), ma tra gli scaffali della merce in vendita; non c'erano i pastori a vegliare al loro gregge, ma i clienti in coda alla cassa.
Se per Francesco Guccini Dio è morto nelle auto prese a rate, per Conad il Bambino può nascere anche nel tempio del consumo dove le famiglie si indebitano.
Era necessario usare l'immagine della Natività per convincerci a comprare da loro anche a Natale?
La regia del breve filmato è di Pupi Avati e il messaggio finale è:
Vogliamo raccontarvi una storia fatta di persone oltre le cose, perché a Natale più che mai nessun uomo è un'isola. Neanche un supermercato lo è.
L'immagine di Conad come grande azienda
La pubblicità di Conad glorifica l'immagine della grande azienda. Conad conosce tutti i suoi clienti e di loro conosce tutto: nome, cognome, professione, indirizzo ecc. Per esempio, in un'altra pubblicità, vediamo addirittura il direttore del punto vendita recuperare un orsacchiotto e riportarlo alla bambina che lo aveva perso.
Guardando i filmati delle telecamere, il direttore cerca di capire come quell'orsacchiotto sia entrato nel negozio e individua la bambina a cui appartiene; dà un nome e un recapito a quel voto e si presenta alla porta di casa per restituire il peluche alla bambina triste.
La pessima pubblicità ci Conad
Come scrivevo qui in un mio commento su un altro spot di Conad, il messaggio trasmesso mi sembra sempre lo stesso: il supermercato è più importante della famiglia.
La pubblicità di Conad non è divertente, autoironica, sottile, garbata; invece, è aziendale, autoritaria, ingombrante, invadente come i call center che conoscono - senza che tu ne sia di fatto consapevole - il tuo numero di telefono, il tuo nome e le tue abitudini.
Quando persino a Natale i supermercati sono aperti, non è facile conciliare la fedeltà al supermercato con l'intimità della famiglia. Quando bisogna aumentare i consumi nonostante la difficoltà di molti (troppi) ad arrivare alla fine del mese, non è facile convincere i cittadini che anche il supermercato è famiglia, sia che ci si vada per lavoro, sia che ci si vada per comprare.
Quindi, Conad si propone di superare il tabù dei mercanti nel tempio e propone una pubblicità di rottura, con un sacro posticcio dentro il mercato. Allora, concludo con una citazione di Michele Rizzi in La pubblicità è una cosa seria (1987):
Oggi siamo di nuovo giunti al circolo vizioso del conformismo: tutta la pubblicità pretende ormai di essere di rottura. E in tal modo tende inevitabilmente a collocarsi su uno standard, e dunque a perdere la sua originalità. Perché quando tutti vogliono andare controcorrente si crea il conformismo dell'anticonformismo.
About me
Antonio Picco, blog on-line dal 2003.
Osservatore intransigente della società, critico dell'evoluzione digitale e del suo impatto sulle nostre vite.
Nel mio blog condivido riflessioni inedite sull'evoluzione del digitale e il suo impatto sulla società, con l'obiettivo di scardinare i diktat del pensiero stampato.
Le parole sono di tutti e le opinioni si condividono.
Follow @antoniopicco
Parlo spesso di:
Amazon, Apple, Banksy, Call Center, Clickbait, Clima, Covid, Eccellenze, Europa, Facebook, Fake news, Friuli, Giornate mondiali, Google, Instagram, Italia, Libri, Meme, Meteo, Negazionista, Nostalgia, Popolo del web, Populista, Privacy, Pubblicità, Quora, Rai, Schwa, Selfie, Social network, Spam, Tv, Twitter, WhatsApp, Wikipedia,